Fiorentine alla genovese

Fiorentine alla genovese.
Così recitava un cartello esposto sulla vetrina di un macellaio in città.

Non so bene quale fosse l'intenzione del negoziante in questione. Se di proporre il taglio di carne detto “alla fiorentina” in una versione tutta locale: meno costosa ma di dimensioni più contenute, ovvero se di presentare al pubblico uno stallo similare all'originale ma non identico; una specie di sostituto insomma. Oppure se di attirare semplicemente l'attenzione del possibile cliente. Cosa, quest'ultima, riuscitissima.
Come sono stato attirato io, sicuramente lo saranno stati anche altri.
La differenza fra me e gli altri è che io ho trovato questo cartello curioso ma non vivace.
L'idea di accostare al sostantivo qualitativamente conclamato di “fiorentine” l'aggettivo qualitativo palesemente subordinato di “genovese” sul piano della comunicazione, anche commerciale, è un autogol clamoroso.
Perché, già nel titolo, attribuisce alla versione locale una diversa e forse inferiore quantità o qualità anche se, probabilmente, compensata da un minor prezzo. Che poi minore non è se ridotta è la quantità o diversa la qualità. Giacché i prezzi delle derrate sono comparabili solo a parità di peso e di genere.
Tutto questo parlar si soldi, perché di soldi si tratta, a Genova, nazione di negozianti, dovrebbe avere un peso rilevante.
Invece pare di no. La seduzione da anni ormai sta nel presentarsi come furbi micragnosi. Dove la furbizia non sta nella capacità di spendere bene i propri soldi, in rapporto al tempo impiegato ed al controvalore ottenuto, ma nella possibilità di avere un risparmio immediato, magari solo apparente.
Perché il fattore ereditario di quella Genova che era stata la Manhattan del XVI e XVII secolo è un egoismo al limite dell'accattonaggio? Forse che l'intelligenza ed il valore dei moderni Genovesi negli anni si è affievolito gradualmente arrivando al prototipo quasi caricaturale odierno?

Una congettura che si potrebbe avanzare in base al fatto che apparentemente si sono persi tutti i modelli auto-rappresentativi derivati dalla storia. Quello del Genovese un po' santo, un po' nobile, un po' pirata, ma sempre padrone della sua vita. Mai debitore o subalterno. Sempre più ricco, sempre più cattivo, ma con uno stile tutto suo.
Come la nobile Rivarola che imprestava l'elemosina.
Provavate un po' a non restituirgliela dopo i tre anni del pegno. Una salva di bastonate non ve l'avrebbe levata nessuno.

Perché allora, non dire: Bistecche alla genovese, altro che fiorentine!

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