Sdoganamento lessicale

Parlando, un bel po’ di tempo fa, con un amico mi era capitato di sentirgli usare il termine “itaglioni”. Non riuscendo a coglierne il significato gliene avevo chiesto spiegazione.
Semplice, mi disse, è un neologismo da fusione di concetti : ita(-liani) (co-)glioni.
Il suo temperamento forte, non uso alla mediazione, direi istintivo, mi aveva indotto ad accogliere con qualche remora il nuovo termine nel mio dizionario.
Ora la riserva è caduta.

Il concetto, se non il termine, ha ottenuto un qualificato sdoganamento.
Durante un intervento alla LUISS (Libera Università Internazionale degli Studi Sociali) il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha espresso alcune interessanti considerazioni sostenendo che senza innovazioni e investimenti nel capitale umano "rischiamo una disoccupazione di massa" tanto che "nel giro di 10-20 anni un lavoro su due scomparirà…”.
Ma ecco il passaggio significativo: "l'alfabetizzazione degli adulti italiani e' molto bassa: il 70% degli italiani non comprende cio' che legge o non sa come usare le informazioni scientifiche e tecnologiche che possiede. Siamo molto indietro".

70% !
Una percentuale impressionante.
Posso capire, e mi ci immedesimo, che non si sappia come utilizzare un’informazione scientifica. Conosco la formula E=mc2 ma non saprei proprio come usarla, ma suppongo che il mio sia un caso limite ancorché compreso in quella percentuale.
Sono certo che il Governatore, non fosse altro per il ruolo che ricopre, sia abituato a non fare affermazioni avventate ed utilizzi dati di sicura e fondata provenienza. Pertanto pur considerando che il 70% non si riferisce solo agli italiani che non comprendono ciò che leggono, anche facendo la tara a quella percentuale rimane un numero notevolissimo di … come definirli?

Forse “itaglioni” può essere il termine adatto. 

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Si salvi chi può !

Alcuni giorni fa è terminato il semestre europeo a guida italiana.
Non me lo ricordavo più.
È possibile che la mia disattenzione sia dipesa dalla pochezza di risultati effettivi di questa conduzione, unanimemente considerata quasi imbarazzante.
Almeno lo credevo fino a che, attraverso i Tg, non ho sentito le parti del discorso del Presidente del Consiglio Matteo Renzi riguardanti lo stato economico della Nazione e degli italiani.
Meno di venti secondi per dar conto di tutta una cultura politica così sintetizzabile: inchiostro rosso, orizzonti celesti.
Dove il rosso dell'inchiostro è quello dei conti dello Stato, mentre l'orizzonte celeste è quello dato dagli aumentati depositi bancari degli italiani.

Allora ho capito che la mia disattenzione più che altro poteva essere spiegabile come certi fenomeni para-terapeutici. Ti dimentichi del male per produrti un immaginario più confortante. Ci ha pensato Matteo Renzi a non lasciare spazio all'immaginazione.

Il suo discorso ha presentato chiaramente l'idea cardune dei governi italiani contemporanei: i soldi degli altri!

Non quelli illecitamente guadagnati, ma quelli faticosamente risparmiati.
Gli italiani hanno più soldi in banca, ergo sono più ricchi. Dunque il Governo può fargli una visita sul conto corrente; meglio mentre dormono.
Un copione già visto, ma mai presentato con le contraddizioni e le inverosimiglianze di Matteo Renzi.
Checché ne dica e pensi il Presidente del Consiglio, a differenza del passato, gli italiani non risparmiano perché hanno maggiori disponibilità economiche. Risparmiano, perché, sentendosi come un paziente perfettamente sano posto sopra una tavola operatoria senza sapere bene il motivo, rinunciano a molto pur di conservare il conservabile. Dove il conservabile è un minimo di sicurezza per il futuro.
Un futuro che, dopo il discorso di Renzi, se ne va.

Sulle navi, quando ogni speranza di salvezza è persa e d'uso lanciare un ultimo appello: Si salvi chi può!

Perciò, se l'unica premessa sul tema è l'idea distorta che i tuoi soldi, i tuoi risparmi, non sono più esclusivamente tuoi ma sono a disposizione del Governo, delle Regioni, dei Comuni e tutti possono fare a gara per arrivare per primi sui tuoi sogni o sulle tue speranze, anche qua sulla terra ferma non resta che lanciare un ultimo appello.

Si salvi chi può!

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Oche al guinzaglio © *

Girava così, con il palmipede al guinzaglio, Gil De Ponti, buon attaccante del Bologna famoso più per gli atteggiamenti disincantati e provocatori fuori dal rettangolo di gioco che per i suoi gol.

Non ho mai saputo che cosa volesse rappresentare per De Ponti l'immagine dell'oca al guinzaglio.
Se un'idea di sé stesso, estro bizzarro desideroso di libertà, o l'innata tendenza a non valutare con chiarezza critica gli eventi che, vuoi per propria volontà, vuoi per inavvertenza, molti di noi coltivano come se fosse una scintilla della coscienza anziché una bizzarria che interferisce nella nostra vita, portandoci a chiudere gli occhi sulla realtà.
Quando va bene.
Quando va male, quei molti copriranno senza scampo il ruolo di "stupidario" natalizio solitamente coperto dal palmipede da cortile del titolo.

Questo ruolo secondario ovviamente sarà interpretato per far carriera al vertice in quello primario: quello dell'uomo con propensione autodistruttiva. Perfetto e dunque senza protezione.

Non c'è nessuno nella nostra società che possa interpretare meglio il ruolo dell'uomo con propensione autodistruttiva del piccolo proprietario immobiliare.

Irrazionale fino al limite dell'autolesionismo quando si fa in quattro per affittare appartamenti del valore di diverse centinaia di migliaia di euro ad inquilini che a garanzia offrono un'incerta solvibilità.
Eppure nella sua vita di proprietario ha imparato bene a sue spese quanto sia importante la solvibilità. Almeno tutte le volte che è andato in banca a chiedere un prestito per ristrutturare casa
Niente.
Con l'ostinazione di una creatura atavica continua a sorvolare sull'unica qualità necessaria ad un affittuario: la solvibilità duratura e garantita nel tempo.

Ma non vorrei tergiversare. L'autolesionista proprietario di case è autolesionista proprio perché non è così per disattenzione o inesperienza ma perché lo vuole. Lo vuole con tutta l'anima.
Altrimenti non si spiegherebbe come mai si sia riunito in un “sindacato” che al momento della stipula dei contratti di locazione gli propone non quello più vantaggioso per lui, come sarebbe ovvio e legittimo, ma quello concordato preventivamente con la controparte: l'inquilino. Dove le richieste di quest'ultimo sono determinanti in assoluto.

Uno qualunque pretenderebbe almeno un'azione a livello politico per il rispetto inappellabile della data di scadenza locazione.
Per nulla.
Il piccolo proprietario vive sempre in clima di esercizi spirituali.

Allora le parti firmano un tipo di contratto che, unico al mondo, esenta uno dei contraenti al rispetto delle scadenze temporali.
Eppure una volta il Codice Civile prevedeva il rispetto inequivocabile di questi termini. Da una parte e dall'altra.
Niente da fare.
Destino? Ingiustizia?
Ma neanche per sogno. Un proprietario immobiliare accorto non è indispensabile per nessuno. Tantomeno per sé medesimo. È il tormentone di oggi.

Come mai Politici che in campagna elettorale promettono aliquote massime di imposte sugli immobili ricevono regolarmente il consenso del cittadino proprietario?
Deve esserci qualcosa che non va nell'attribuzione dei ruoli.
Come diceva un amministratore pubblico: con i padroni di casa dobbiamo fare tutto noi, spesso anche i proprietari.

* Tratto da Oche al guinzaglio in corso di pubblicazione.

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I Consiglieri regionali di Altona

In questo modo, parafrasando il titolo del famoso dramma, mi sento di descrivere lo stato d'animo di molti politici dopo le elezioni regionali in Emilia e Calabria di domenica scorsa che ha segnato il record assoluto di astensione. Oltre il 60%.
Come il protagonista della tragedia, rischiano di finire reclusi nella dimora della loro potente categoria nel tentativo di confutare non tanto, il verdetto delle elezioni, quanto il principio stesso del processo elettorale per come, storicamente, si era sviluppato e loro, comunque, lo avevano sempre immaginato e voluto: un diritto universale obbligatorio che in quanto tale valeva anche come scopo della società. In una evoluzione dove la legittimità e l'importanza dei candidati procedeva di pari passo con il numero dei votanti.
Un'interpretazione che, ai tempi d'oro del Proporzionale, collegava il titolo di vincitore delle elezioni all'ottenimento del 50% più 1 dei voti validi. Mentre nella “seconda Repubblica”, persuaso del dominio dell'etica dell'investitura diretta, il potere politico ha fissato nel 50% più 1 degli aventi diritto al voto il limite minimo sotto al quale, con la fine del consenso plebiscitario, perdeva anche la legittimità ad amministrare l'esistente.
Culturalmente, una delle tante contraddizioni tipicamente italiane dove ai principi, alla moralità, ai programmi, al rispetto assoluto di quello che gli angli ed i sassoni chiamano Law and Order, si è anteposta una condizione formale, un atteggiamento minimale ben lontano da ogni razionalità”.
D'altro canto tale concezione appare talmente assimilata da evidenziarne una persistenza attraverso le diverse generazioni. Farne un inventario sarebbe troppo lungo.
Basti dire che “l'essere là” per consuetudine vale di più del “che cosa ci si faceva là”.
Tecnicamente, un suicidio.
Se dalle qualità significative della politica levi i contenuti delle azioni ed i loro effetti per sostituirli con il dato statistico del maggior numero di elettori nei seggi, che magari votano per non prendersi delle responsabilità, ti trovi in un sistema ambiguo. Rappresentativo, ma non totalmente legittimativo.
E siccome la politica è anche un'attività creativa, se il creatore si nega dapprincipio la possibilità di creare prima o poi si troverà nella condizione in cui non potrà più muoversi.
In tempi di “prima Repubblica” è quello che era successo a Craxi.
Nel 1992 fu il fatto che la sua coalizione, pur avendo la maggioranza dei seggi in Parlamento, si fosse fermata al 48,8% alle elezioni, non l'arresto di Mario Chiesa, a decretarne la caduta.*

In tempi di “seconda Repubblica" è quello che è successo domenica scorsa.
E adesso?
Adesso i politici nazionali daranno la colpa del disastro a quelli regionali. Se ne avranno il tempo regoleranno la questione con la totale messa in discussione dell'Ente Regione. Questo non porrà fine al problema.
Squarciato il velo dell'illusione che ne ricopriva le faticate decisioni su che cosa agiranno ?
Quali saranno i nuovi limiti dei loro poteri?
Se, come sembra, la rivoluzione di Renzi non riuscirà ad aumentare il suo consenso oltre l'attuale, misero, 20% assoluto e gli altri partiti tutti insieme faranno la stessa somma continuando a non intaccare, riducendola sensibilmente, l'area dell'astensione, dato lo schema descrittivo con cui abbiamo cominciato questa riflessione, tutto diventa possibile.
In una situazione con 5 e più elettori su 10 in cerca di nuovi riferimenti quando i soggetti rappresentativi classici non fanno emergere nuove idee non è che tutto si pietrifica.
All'istante dell'impasse segue subito la richiesta di una nuova possibilità per il futuro.
Ognuno ci veda quel che vuole.

Per chi lavora, paga le tasse, bada al centesimo e tiene fede ai principi, una comunità non può rimanere a lungo senz'anima. Perfino i professionisti della fuga dalle responsabilità prima o poi si scontrano con la necessità. Comunque, basta aspettare per scoprire come andrà a finire. Intanto, si comincia con il mandare in scena il dramma : “ I Consiglieri regionali di Altona”.

* Storico [ N. d. A.]

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Genova cambia volto?

Una serata magnifica e sorprendente.
In questo modo sento di dover commentare l'incontro di mercoledì 1 ottobre promosso presso il Politeama Genovese da Mediolanum Corporate University per il ciclo “Centodieci è Ispirazione”.
Far incontrare al pubblico persone speciali per condividere le loro esperienze ed i loro valori, secondo il sottotitolo scelto dai promotori.
C'entra evidentemente con questo sentimento di lode la figura dell'ospite della serata: Patch Adams.
Il racconto della sua esperienza di medico che si è scelto il destino di creare un approccio alla cura attraverso l'approfondimento di temi quali la fiducia, la forza dell'amore e lo sguardo positivo, ha dimostrato una volta di più come gli atti ed i comportamenti quando non hanno un carattere astratto e neutrale ma bensì rimandano ai valori cardinali di una data società, assumono un senso sociale profondo e nessuno spazio resta all'improvvisazione. Con giustizia, peso e misura, dicevano gli antichi.
Ecco, Patch Adams ha reso trasparenti questi concetti.
Ma altri aspetti hanno costituito la base di questa immagine positiva e sorprendente. Su tutti l'organizzatore: Mediolanum Corporate University.
Dico la verità; prima di mercoledì sera non sapevo che esistesse.
Da tempo la mia personale esperienza delle Banche mi aveva abituato al fatto che reclutassero i loro quadri dirigenti nelle Università pubbliche ed i loro collaboratori a contatto con i clienti secondo un vecchio criterio di largo consumo: nel vasto litorale dei diplomati. Le prove accumulate del resto non lasciavano dubbi circa la seguente preposizione generale: le Istituzioni bancarie spesso sono ancorate alle usanze sparagnine del rapporto Banca-Cliente, nel quale il secondo riceve come proposta-obiettivo letteralmente quella del risparmio. Laddove cioè il ricavo-finalità deriva semplicemente dal “non spendere” il denaro disponibile.

Però il mondo cambia e per fortuna arrivano delle intuizioni. Delle idee improvvise, secche come un significato colto al volo. Arrivano insieme ad un evento come se fossero portate da quell'evento.
Così mi è capitato mercoledì sera con “Centodieci è ispirazione”.
L'istantanea comprensione che mi ha afferrato riguardava appunto il ruolo dell'Istituto promotore. Un punto di forza, un vero e proprio collettore di energie, ispirato dal cosmopolitismo e dalla tolleranza, a favore di una Banca per fornire una visione chiara, rapida e completa delle strategie aziendali, dell'uso delle risorse e della formazione e dell'impiego del lavoro umano. Altro che litorale dei diplomati. La creatività e la competenza al servizio della proposta finanziaria.
Rinnovarsi dandosi da fare, imparando a non sperare ed a non temere. Vista dal lato dell'ormai esangue capacità finanziaria ed imprenditoriale Ligure non è poco.
Caratteristico è stato anche il modo di affermarsi di questa mia intuizione. Fortemente convincente. La chiarezza oltre che dai contenuti è derivata dal risvolto anagrafico dei protagonisti di questa impresa; sono giovani. Il che determina in modo concreto e positivo l'organizzazione del modo in cui sarà vissuto il rapporto tra promotori e destinatari.
Certo tutto questo è spiegabile con il fatto che la realtà alle spalle di questo nucleo di produzione intellettuale ha dato forma ad un'impresa ben conscia che la prospettiva del suo Cliente deve essere continuamente pensata, costruita, tutelata, lasciando alle spalle i relitti della stagione del risparmiatore-non spenditore, che ha ormai concluso le sue funzioni, per concentrarsi su quella più rappresentativa della complessità dei tempi attuali dove il risparmiatore è anche investitore.
Poi, che tutto questo sia accaduto a Genova e che un pubblico fatto di 1.000 persone abbia preso atto di una forma mentis ben diversa da quella solitamente corrente in Città ha perfino dell'incredibile.

L'antica Genova era una città modernissima, fatta sempre per l’avvenire.
La nuova da parecchio vive del passato e nel passato.

Se, come si dice, i fatti parlano da soli che Genova, prendendo spunto da nuovi livelli di organizzazione, stia cambiando volto?

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