10 maggio. Il Giorno.

Ore nove avanti disnâ. Autostrada A7, direzione Genova, uscita della galleria dei Giovi. Mattino di un giorno di inizio maggio. Ha un aspetto grigio e freddiccio. Non si prevedono piogge. Il sole potrebbe anche mostrarsi con l'avvicinarsi del pomeriggio. Dipenderà dal vento. Adesso c'è una nuvolosità stratiforme con il cielo che si vede come dietro un vetro smerigliato. Sulla sinistra, a mezza costa, il borgo di Montanesi e più in alto il monte della Vittoria sono avvolti nella nebbia. Una nebbia bassa e spessa che da lassù non permette di guardare verso il fondovalle e, tanto meno, in direzione della confinante piana del Polcevera.

Un momento di metà primavera come molti se ne possono vedere in questa parte di mondo.
Così, agli occhi dei suoi protagonisti, doveva presentarsi la mattinata del 10 maggio 1625. Il giorno in cui lo Spazio Ligure rischiò tutto per sconfiggere Carlo Emanuele I, Duca di Savoia, e liberare gran parte del suo territorio già occupato dalle truppe franco-piemontesi.
I savoiardi, decisi a valicare l'Appennino e a conquistare Genova, giungevano dal versante opposto a quello visibile dall'autostrada.

Partendo dalla Valle Scrivia, attraverso Vallecalda, salivano verso quello che allora si chiamava passaggio del Malpertuso (1) . Giunti sotto l'attuale borgo della Vittoria piegavano a sinistra, proseguivano un po' per poi svoltare a destra aggirando la sommità della collina per prenderla sul fianco rivolto verso la Val Polcevera.

Lì, avvolti dalla nebbia, ad attenderli c'era un drappello di difensori provenienti dalla Val Bisagno ai quali si era aggiunta una manciata di paesani guidati dal rettore di Montanesi. Avvantaggiati dalle condizioni atmosferiche questi combattenti opposero una prima efficace resistenza.
In questa storia il meteo giocherà un ruolo decisivo.
I piemontesi,  benché grandemente superiori per numero e dotazioni, con la vista offuscata dalla nebbia non individueranno mai chiaramente le posizioni e la quantità dei difensori. Cosí lo scontro, ingaggiato alla rinfusa, non prende quota. I paesani guadagnano tempo. Il tempo necessario a far giungere in soccorso delle Milizie del Bisagno quelle accorse dalla Val Polcevera. Dopo molte ore di lotta i piemontesi sono accalcati e stanchi. Dopo un altro po' la stanchezza diventa isterismo. Ad un certo punto diventa difficoltà. Carlo Emanuele I deve ripiegare. È l'aggancio con la storia.
Sul posto verrà costruito un Santuario dedicato alla Madonna della Vittoria.
Per oltre 350 anni il 10 di maggio ed il relativo Santuario della Vittoria saranno il Giorno ed il Luogo nel quale l'Universo tradizionale Ligure festeggerà, con la Liberazione dall'invasore, la speranza allusiva data dalla nuova primavera e dall'inizio della stagione agricola dello sfalcio dei foraggi.
Oggi, che la memoria storica è uscita dall'ordine del giorno e come categoria la Campagna non esiste più, sul 10 di maggio e sul Santuario della Vittoria è scesa una stagione di silenzio.
Eppure quella è la data delle date. La data in cui le Comunità Liguri, intimamente e irriducibilmente “repubblichiste” e “resistenti”, non vollero soccombere ed essere egemonizzate dall'occupante monarchico e straniero.

Un filo rosso, quello dello spirito di resistenza, che lega le antiche città, i borghi e la gente comune di Liguria alla più moderna esperienza di lotta antifascista. Non c'è interruzione di contatto in questo percorso di Libertà lungo quasi quattro secoli. Ma, solamente, il 10 maggio è il giorno che per primo ha sconfitto l'autoritarismo e la standardizzazione della società.

Converrà ricordarsene. Perché, se oggi viviamo liberi, lo dobbiamo a quel giorno. 10 maggio 1625.

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(1) Il luogo è noto anche come Passo del Pertuso. Agevole valico che all'epoca, aprendosi su Serra e San Cipriano, portava verso Genova.

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10 maggio 1625 - la vittoria al Passo del Malpertuso

 

 

Un drappello di difensori provenienti dalla Val Bisagno
ai quali si unirono una manciata di paesani guidati
dal Rettore di Montanesi e le
milizie accorse dalla Val Polcevera
sconfissero i savoiardi comandati da Carlo Emanuele I.

Le Comunità Liguri, intimamente ed irriducibilmente “repubblichiste” e “resistenti”,
combatterono una Lotta Partigiana contro l'occupante monarchico e straniero
per difendere e conservare le loro Libertà.

Madonna della Vittoria

La statua della Madonna col Bambino conservata al Santuario della Vittoria

 

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Ponte Giovanni Rebora - O Profesô

Sino ad oggi era il "ponte di quota 40"; nome anonimo e freddamente descrittivo per la struttura che a San Pier d'Arena collega corso Magellano a via Gian Battista Monti.
La Giunta Comunale ha deliberato (finalmente) di intitolarlo al Professore Giovanni "Gianni" Rebora -Genovese di San Pier d'Arena- che ha abitato in un civico prossimo al ponte.

Lo riteniamo doveroso riconoscimento ad un Uomo e Docente dell'Università di Genova che si è sempre distinto per la grande cultura, lo spirito aperto, la capacità critica e l'affabilità con cui affrontava e divulgava gli argomenti trattati.
Profes Giovanni Rebora 4La Sua morte ha rappresentato per tutti noi una grossa perdita ma il Suo ricordo è intatto e Gli siamo riconoscenti per quanto ci ha trasmesso col Suo modo elegantemente scanzonato di rapportarsi, distante da qualsiasi altezzoso atteggiamento accademico.

Grazie di tutto, Sciô Profesô.

 

P.S. la delibera del Comune è giunta a buon fine dopo un lungo ed impegnativo percorso burocratico, intrapreso e tenacemente perseguito da Filippo Noceti.

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Il Forte di Gavi

"Cose" che furono utili ed hanno dimostrato di essere durevoli nel tempo!
Cose fatte bene e per durare, le "Fortezze Genovesi" sono oggi quell'elevato militare che insieme alle "Mura", alle "Porte" ed ai più noti "Palazzi dei Rolli" - e che cosa dire di quel simbolo che è la "Lanterna" - va dal medioevo al XVII Secolo caratterizzando la "Città di Genova", la sua provincia e un po' tutta la Liguria compresi tutti quei luoghi "nostralini", ch
Forte di Gavi fotografato da Ricoi frazione di Carrosioe dall'unità al fascismo fanno ancora parte di quelle zone dell'Oltregiogo oggi non più Genovese.
"Cose" come ad esempio il millenario cosiddetto "Forte di Gavi" che nella foto è ripreso dal bellissimo Carrosio, Carroxium(Romano), Carreuxo(Genovese) proprio lì di fronte a Gavi ed anch'esso dunque Repubblicano.
Questi luoghi che hanno il loro fascino ancora oggi, furono parte di quella "Grande Grandezza" con visione mondo che passò anche lì, nell'Oltregiogo di Gavi Ligure e di Carrosio, dove la Repubblica di Genova edificò quella fortezza a difesa di Genova, degli abitatori e dei loro beni.
E dalle Riviere alle Terre di Passo, ma fino al più lontano dei luoghi, dall'Oltregiogo all'Oltremare, sono ancora lì, oggi, a ricordarlo anche se per le ragioni geopolitiche di "tutto il tempo che è passato intorno a noi ed alla nostra storia millenaria", a tratti non ne rimangono che i resti. . . o non sono più nostri.
Ma. . . vanighélo 'n pö a cóntâ a chi no o sà o, pêzo ancón, fàn fìnta de no savéilo, ma quésta a l'é a mæ stöia e ve a véuggio contâ, pe Zêna e le Sàn Zòrzo.

La foto è tratta dalla pagina Facebook "GaviWineLand" ed è stata scattata dalla frazione Ricoi situata nelle alture sopra Carrosio.

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Campioni . . . Sì, sì, campioni e "tutto va bene signora la marchesa"!

Campioni d'Europa! Si, sGenova Ponte Morandi dal Campassoi . . . campioni! Tristemente, Gianfranco Dell'Oro Bussetti che ci mostra questa bella e significativa foto che porta le stigmate di una Valpolcevera Svalpolceverizzata e riempita di tutto un po’, bisogna dire che se fosse stato fatto il raddoppio, molto probabilmente non saremmo qui a piangere le vittime. Ma, ancora più triste, sarebbe considerare che questo fatto potrebbe essere un punto a favore – casomai esistesse un punto a favore! - della difesa di chi ha causato quel disastro. E così non si può almeno non immaginare che la gestione di “quelle cose lì” così complesse e costose, in una Città ed in una Regione attraverso le quali è maturata quella Storia di Grandezza che ha affascinato il mondo e chPenisola italiana prima del congressoe deriva proprio da questa posizione geografica utile ed anzi “oggi” addirittura indispensabile per la  Stato italiano e per l’Europa “nonostante l’orografia” se abbiamo anche potuto assistere come in quattro e quattr’otto son state eseguite opere viarie cittadine! Si deve allora considerare come “quelle cose lì” sian sempre state estremamente complesse. Lo erano già dai tempi della lunga e nota Storia Mercantile legata a quell'apertura continua in tutto il mondo conosciuto dei nuovi mercati che i Genovesi han sempre portato avanti nella loro storia e dunque il commercio e la conseguente necessità di trasportare le merci dalle Foci e dalle Spiagge, prima ancora che dai porti, al di là dei Gioghi, delle Croci di Vie e delle Foci di un territorio lungo e stretto, particolare e fragilissimo che veniva però percorso in tutti i suoi luoghi da e per ogni dove, da e per il mare, da e per le Padanie ed oltre, oltre ed oltre ancora da viandanti di ogni genere, compresi i nemici che però non riuscirono quasi mai a passare, e da quei mulattieri che con i loro muli contribuirono alla costruzione della ricchezza e della grandezza oltre che, man mano, al miglioramento viario disseminando qui e là nel tempo, sulle direttrici di marcia, quei Borghi arricchitisi di quella cultura delle cosiddette “Terre di Passo” che si trovano fin negli anfratti più nascosti di quell’Appennino Ligure, bello, aspro e selvaggio che un tempo arrivava fino al Grande Fiume, il Po!

Con la modernità, man mano, Cittadini d’accordo o no, “quelle cose lì” si son fatte sempre più pesanti e son diventate addirittura devastatrici se tutt'ad un tratto se ne è potuta toccar con mano la pericolosità e la tragedia tanto che il dubbio emerso è stato quello che “quelle cose lì” son parse come essere state date in mano, se non a degli incapaci, almeno a chi - non si dice provasse chissà quale affetto per Genova e la Liguria dove magari vi aveva trovato le risposte alle aspettative della proprio vita – non ha guardato che al profitto senza tenere assolutamente conto dei luoghi, della loro bellezza che così sfioriva sempre più e della loro fragilità sempre più compromessa, per non dire degli “abitatori” oltre che degli utilizzatori!
E nâe, nôe, no! Chìe no ghe sémmo. . . me câi vôi! Non va bene, come diciamo a Genova che forse ancora meglio sarebbe s
eguire quel detto popolare che recita . . . gîla cómme t’eu ma ciù l’amîo e ciù me pâ che sta cöça chìe a ne ségge chéita pròpio ‘n to cû!
Ed allora ecco che trattandosi di “casa nostra” piacerebbe un po’ di più “decidere da noi” come si è sempre fatto. Come i Campioni d'Europa vincitori perché ognuno di quei giocatori si è - o è stato - riconosciuto nel suo utile particolare, nella sua specificità “portando co
sì il suo miglior contributo” al gruppo. E allora bisognerebbe immaginare che la politica funzionasse proprio così come, almeno si sente direA Lanterna de Zena, pare aver funzionato la squadra campione! Da lì, da quel fare squadra allora, perché non tendere ad appartenere al mondo delle più avanzate e moderne Repubbliche Federali dove si fa squadra partendo proprio dal considerare valide e rendere veramente autonome le regioni in considerazione proprio di quelle storiche Libere Entità Amministrative sovrane che furono già veri e propri Stati preunitari dove, alcuni di essi, come la nostra Repubblica di Genova, erano già moderni posto infine che il concorso di tutte le "specificità" o le "particolarità" unite ad una nuova "assunzione delle responsabilità del governo del proprio", possa consentire - portando ognuna di esse il meglio del loro alla generalità - di non essere più quei Cittadini così oscuramente manipolati dall'ombra di chi decide per tutti, aggiungendo infine, dopo aver portato e continuando a portar via loro . . . anche l'anima perché si vince uniti, ben diretti e non costretti!

 

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