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- Scritto da Montaguy Spinola
- Categoria: Costume e Società
È dei giorni scorsi la notizia che l'Italia (al pari di altri Paesi europei) conteggerà nel PIL i proventi delle principali attività criminali: droga, prostituzione, contrabbando.
L'Istat ricostruirà la serie storica dal 1995 ad oggi, i risultati saranno presentati nelle prossime settimane. Il tutto naturalmente allo scopo di migliorare il rapporto deficit/PIL e così modificare sensibilmente i parametri della solidità economico-finanziaria del Paese.
Lasciata un momento da parte la questione morale, se sia cioè accettabile che in una moderna Nazione civile vi siano aspetti della attività criminose considerabili come positivi per l'intera collettività, perché la modifica dei parametri deficit/PIL a questo campo attiene, restano alcuni dubbi tecnici.
Intanto come sia possibile quantificare delle attività che in quanto criminose o, come dicono alcuni, illegali (ma non è poi la stessa cosa?) sfuggono ad ogni principio di misurazione. Si risponderà che ci sono le stime.
Ma quali stime e fatte da chi?
Da organismi terzi, da agenzie economiche internazionali o dagli stessi estensori finali dei bilanci nazionali? Perché qua, come ha fatto notare Michele Riccardi, ricercatore a Transcrime e professore dell'Università Cattolica di Milano S. Cuore, la questione è più seria di quello che sembra: “Inserire l’economia criminale nel Prodotto interno lordo è rischioso perché la storia della contabilità dell’economia criminale è molto più recente di quella della contabilità nazionale legale, segue regole diverse [ …] che ci consenta di stimare questi numeri senza alcuna smentita. Numeri che potrebbero essere gonfiati a seconda degli interessi di centri di ricerca, associazioni o delle stesse istituzioni.”.
Siamo al paradosso che il falso in bilancio tanto osteggiato a livello di pratica individuale potrebbe divenire la regola a livello istituzionale. Un paradosso che se non avesse in sé qualcosa di tragico potrebbe perfino essere comico.
Bene inteso senza mai dirlo ai Greci i quali, poverini, per arrangiare i conti si erano limitati ad aggiungere degli “zeri” alla fine delle colonne della voce “avere” e per questo sono stati drammaticamente sanzionati da quella stessa “Troika” che adesso si appresta ad accettare sia contabilizzato l'incontabilizzabile.
Inoltre dal punto di vista tecnico c'è almeno ancora un dubbio: immettere l'economia illegale in quella legale fa bene o no al sistema economico-produttivo?
In termini di ricchezza, come risaputo dai mercati, non c’è un beneficio concreto e diretto per l’economia legale. Anzi, una forte economia criminale ha un effetto negativo su quella legale. Altrimenti la famosissima Colombia sarebbe la prima economia del mondo, invece è sotto la Serbia e giusto al di sopra del Perù e della Macedonia.
Ritorna infine la questione morale. In che modo si possono accettare i soldi dell'economia criminale quando ad ogni piè sospinto in nome della sempre presente democrazia-democratica-eticamente-giusta-e-solidale, del politicamente corretto e della civiltà (su questo ultimo punto ci sono anch'io) si promuovono azioni di contrasto all'evasione fiscale.
Come ha fatto rilevare un Osservatore: “ I dentisti refrattari alla fattura, i lavoratori in nero, le aziende inesistenti per il Fisco da qui in avanti dove andranno inserite?”.
In quanto sufficientemente bravi saranno inseriti nella categoria dei fiscalmente cattivi ovvero in quanto cattivi sul serio in quella dei fiscalmente sufficientemente bravi?
A meno che … due evenienze.
A meno che, come rilevato dal professor Riccardi “ Queste stime hanno un senso qualora si dovesse arrivare ad una valutazione dei business illegali in vista di una legalizzazione o liberalizzazione.”.
A meno che, non siamo sull'orlo della Bancarotta.
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- Scritto da Pierluigi Patri
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Schettino professore alla Sapienza, tiene una “lezione” su come gestire il panico.
Pil in calo nel secondo trimestre L'Istat decreta la recessione.
Ue: "I dati Pil avranno un impatto negativo sui conti dell'Italia".
... e poi ci sono quellli che dicono (ma lo penseranno davvero?) di sentirsi fieri di essere italiani😱
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- Scritto da Pierluigi Patri
- Categoria: Costume e Società
Il recente gesto di un giocatore del Barcellona ha suscitato un’ondata di consensi e in tantissimi si sono messi a mangiar banane anche durante eventi istituzionali.
Anche a me piacciono le banane. Ma in questi giorni di quel frutto prevale il “gusto” antirazzista.
Si sa che i razzisti sono , per comune definizione politica e giornalistica, imbecilli ed il lancio di banane penso faccia riferimento alle scimmie intendendo in senso figurato coloro che hanno la pelle scura o spiccatamente bruna. Deprecabile, deprecabilissimo.
Preso, però, da un’incertezza interpretativa ho voluto verificare il significato di razzismo tramite un prestigioso vocabolario on line.
Nella definizione vi si legge che “… Più genericam., complesso di manifestazioni o atteggiamenti di intolleranza originati da profondi e radicati pregiudizî sociali ed espressi attraverso forme di disprezzo ed emarginazione nei confronti di individui o gruppi appartenenti a comunità etniche e culturali diverse, spesso ritenute inferiori.”.
Mi pare, quindi, che qualsiasi manifestazione e/o atteggiamento di intolleranza, di odio, di persecuzione verso individui e/o gruppi ritenuti diversi debba essere considerato razzismo.
Nei film, nella letteratura, sui media viene stigmatizzato come intollerabile uccidere un ebreo o schiavizzare un nero.
Giusto.
Però mi sono chiesto perché non susciti altrettanto sdegno e condanna eliminare un borghese o un ricco.
La dittatura fascista o nazionalsocialista sono obbrobriose, quella del proletariato invece no.
Com’è che funziona la discriminazione valutativa? C’è razzismo nel valutare la discriminazione?
Se un Bolscevico elimina un nemico del proletariato -per esempio un borghese- il giudizio storico, in particolare quello politicamente corretto, non lo condanna più di tanto.
Ma se il borghese eliminato fosse un Ebreo di pelle nera come verrebbe giudicato quell’atto?
Verrebbe condannato per 2/3 ed esaltato o, quantomeno, giustificato, per 1/3?
Trovo questa faccenda interessante e gustosa … come una banana.
Appendice : per non sentirmelo remenare con accuse di qualunquismo, revisionismo, giustificazionismo, razzismo mascherato e/o palese rimando il lettore a un articolo pubblicato qualche tempo fa.
Nella tradizione di noi Genovesi, abituati ai rapporti con i Foresti, non c’è spazio per la discriminazione a priori. Incontriamo, osserviamo e valutiamo.
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- Scritto da Pierluigi Patri
- Categoria: Costume e Società
È un quiz a risposta multipla; chi indovina non guadagna niente.
Premessa: c’è il sovraffollamento delle carceri ed un assassino condannato all’ergastolo evade per la seconda volta durante un permesso premio (concesso per buona condotta!).
Domanda: come pensate che gli italiani risolveranno il problema del sovraffollamento carcerario?
- verranno costruite nuove carceri
- verrà introdotta le pena di morte
- verranno rimpatriati i carcerati forestieri
- verrà approvato un indulto o un’amnistia
- verranno depenalizzati i reati
Genovesi e Liguri volete rassegnarvi a vivere in ‘sto sgangherato condominio?
Genovesi e Liguri i politicanti italiani usano roboanti proclami ma si trastullano in un compiacente consociativismo per salvaguardare il loro posto ben retribuito
Genovesi e Liguri se non ci diamo da fare questi politicanti ci faranno affondare
Genovesi e Liguri dobbiamo impegnarci per cambiare Stato
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- Scritto da Luiggi Pariggi
- Categoria: Costume e Società
Rosa, rosae, rosae, rosam, rosa, rosa. Rosae, rosarum, rosis, rosas, rosae, rosis.
Ecco la prima declinazione latina e le sue particolarità. Vi appartengono molti nomi femminili e pochi nomi maschili. Nessun nome neutro.
Dopo innumerevoli anni è ritornata all'ordine del giorno perché ripropone in controluce la vicenda delle "quote rosa".
Il diritto delle donne ad essere, in punto di diritto, rappresentate parimenti ai loro colleghi uomini nel Parlamento italiano. Uno dei tabou forse più coriacei della vita pubblica nostrana. Se è vero, come è vero, che la Camera dei Deputati discutendo della nuova Legge Elettorale ha respinto a maggioranza l'ipotesi dell'alternanza di genere nei listini bloccati e la parità nei posti in lista.
Chiaramente l'immagine dei Parlamentari maschi ne ha patito.
Non si sa se alla base del voto vi sia stato l'effettivo timore di molti uomini di perdere il posto. Quello che sembra è che da parte dei sostenitori delle "quote rosa" si siano utilizzati malamente i principi egualitaristi della democrazia, contribuendo così a trasformare un'evidenza, una necessità, in un'equazione inedita potenzialmente profittevole per tutti coloro che da qui in avanti volessero utilizzare il loro essere minoranza o diversità come concetto mobilizzatore.
Intendo dire che se un partito o un'organizzazione credono nella parità di genere non hanno bisogno di una Legge per realizzarla. Basta che agevolino la partecipazione e l'avanzamento di quei rappresentanti di genere (maschile o femminile a seconda dei casi) meno rappresentati. Ecco lì la parità bella e fatta. Poi, se in un determinato partito capiterà contro ogni volontà che ci siano più attivisti uomini che donne o viceversa vorrà dire che sarà la segreteria di quel movimento a decidere il da farsi. Secondo i propri valori.
Il fatto è che proprio gli effettivi valori democratici presenti in molti partiti sembrano in contrasto con le ipotesi di Legge dagli stessi avanzate.
Come spesso accade in questo strano paese che è l'Italia, la classe politica finisce per formalizzare per Legge evidenze e necessità che quotidianamente non riconosce come tali. Non si sa se per disattenzione, casualità o disinteresse.
In questa contraddizione evidente fra principi informatori e comportamenti pratici, l'avanzamento di una proposta decisa ad imporre una ripartizione equanime dei seggi in Parlamento fra uomini e donne appare più come una dimostrazione rivendicativa che come un principio fondante della democrazia.
Allora, se la questione del sesso degli Angeli diviene una Legge come si potrà un domani negare ad altri principi rivendicativi di avere una norma che ne riconosca una giusta ed equa rappresentanza?
Quale argomento potrà opporre chi vorrà negare un seggio garantito in Parlamento ai credenti di differenti religioni od agli appartenenti ad un particolare gruppo etnico candidati in quanto tali
Perché sposati, divorziati, uniti civilmente di sessi diversi od uguali sì e poligamici per esempio no?
Sia chiaro. Che le donne abbiano e debbano aver pari dignità con i maschi è talmente ovvio che in un Paese moderno non dovrebbe esserci bisogno di una Legge che lo stabilisca.
Nel caso ve ne fosse bisogno allora non è certo mettendo il dito in un ingranaggio delicato come quello della rappresentanza parlamentare che si otterrà la necessaria uguaglianza. Semmai con iniziative che riguardino i diritti reali che interessano una persona in ragione delle sue opinioni, del suo lavoro, della sua appartenenza. Altrimenti si cadrà nei tecnicismi di tipo grammaticale. Ed ad una prima declinazione con le sue particolarità: molti nomi femminili, pochi nomi maschili, nessun nome neutro, corrisponderà una seconda comprendente per lo più nomi maschili e neutri; una terza declinata sia al genere maschile, sia al femminile, sia al neutro; una quarta comprendente sostantivi maschili e femminili, declinati però allo stesso modo; una quinta con un tema specifico, tutti femminili tranne uno. E magari una sesta, che nel mondo latino non c'era ma in quello contemporaneo chissà.