Il Paese che non c'è

Come ci si aspettava Berlusconi alla prima occasione utile ha sbattuto la porta ed ha chiamato fuori dall'alleanza di governo il PDL. Lo ha fatto con rabbia, sacrificando lo stile al vigore ma nonostante tutto probabilmente questa dimostrazione di forza si è già esaurita nello spazio necessario a manifestarla pubblicamente.

Per adesso il solo risultato che gli ha fruttato è stato quello di convincere una parte del suo partito a non seguirlo. Le sottili distinzioni palesate da molti ed importanti suoi sodali la dicono lunga sulla generica compattezza futura della formazione “azzurra” e sulle reali aspettative di diversi suoi massimi dirigenti. Chi oggi ha un ruolo di rilievo cerca di tenerselo. Gli altri vorrebbero tanto presagire come andrà a finire. C'è da capirli.

E' chiaro a tutti che il gesto di Berlusconi molto ha a che fare con i suoi problemi personali con una Giustizia che ritiene ingiusta, meno con l' aspettativa-diritto degli italiani ad essere de-fiscalizzati.
Difatti in caso di elezioni anticipate non è detto che il PDL, nel frattempo ridiventato Forza Italia, riconfermi o migliori il suo ultimo (tutto sommato modesto) risultato elettorale.
La faccenda andrebbe ancora peggio se il PD riuscisse in qualche modo a costituire una nuova e diversa maggioranza. Il conseguente logoramento disintegrerebbe la formazione berlusconiana. Se anche così non fosse sta di fatto che il Polo di centrodestra sta correndo un rischio reale.

Lo stesso rischio concreto sta correndo il PD. Un ritorno alle urne non lo garantirebbe affatto. Anzi, in un gioco di rimandi, potrebbe finire vittima della stessa formula che sette mesi fa gli ha consentito di arrivare prima, non primo. Con il maggioritario imperfetto attualmente in vigore le elezioni potrebbero addirittura essere vinte dal M5S. Questa eventualità avrebbe tante maggiori possibilità quanto la data delle eventuali elezioni politiche coincidesse con quella delle europee in programma a giugno 2014.

Almeno su questo ultimo punto non c'è dubbio. Per la prima volta dalla sua costituzione il prossimo Parlamento Europeo conterà al suo interno fra il 15% ed il 25% di antieuropeisti convinti. Buona parte dei quali eletti nella file del M5S. Poi, che questi realizzino in ambito europeo lo stesso mediocre comportamento fatto registrare in Italia non cambia la questione. Se il M5S riesce a fare di una politica astratta un metodo appena, appena, pratico i suoi avversari oltre che al blasone potrebbero rimetterci anche la camicia.

Tuttavia, per quanto bene illuminate, le 5 Stelle del Movimento rischiano di essere spente proprio da quell'italianità delusa sulla quale avevano costruito il loro consenso.

Non lo ha nascosto Beppe Grillo che sembra ormai essersi reso conto di non essere riuscito a cambiare la mentalità degli italiani. E' il solito discorso. Una gran parte dell'elettorato non vota per cambiare le cose ma per mantenerle così come sono. Vogliono sì eliminare gli tutti gli sprechi, esclusi però quelli di cui sono beneficiari.

Prima di lui se ne era accorto Monti. Da uomo razionale aveva provato ad agire di conseguenza. Gli italiani hanno un consistente patrimonio immobiliare? Evidentemente sono ricchi, dato che le case costano care ed ancor più caro costa il loro mantenimento. Invece no. Gli italiani comprano o si tengono le case ereditate senza avere i soldi per mantenerle. La cosa non stupisce. Sono i figli di quei contadini che si sono dissanguati per far studiare i figli da insegnanti, quando molti già dicevano che sarebbe stata una professione senza sbocchi. Fino a che i suddetti figli non si sono ritrovati precari a vita.

Prima ancora di Monti se ne era accorto lo stesso Berlusconi. Una dozzina di anni fa aveva vinto le elezioni immaginandosi un Paese fatto di aspiranti lavoratori autonomi e piccoli imprenditori. Si era ritrovato con un Paese fatto di fans di Pippo Baudo e Mike Bongiono; canzoni e giochi a premi, altro che imprese e botteghe. Visto che i conti elettorali tornavano non ci aveva fatto caso più di tanto.

Anche quelli della Sinistra probabilmente se ne sono accorti tuttavia, forse per calcolo elettorale, sembrano aver deciso di chiudere entrambi gli occhi sugli abusi  a danno della assistenza sociale e sugli aiuti ai “vittimisti” di professione, preferendo di fatto il Paese delle esigenze a oltranza puttosto che  quello dei bisogni legittimi.
Il Paese che non c'è. Dal momento che, riprendendo il titolo di un libro, a giusta ragione si può dire: “Gli italiani sono gli altri”.

La dispersione di gran parte del sistema di valori concreti e morali, che tante persone hanno assunto a testimonianza della propria visibilità, obbliga, chi ancora vi si vuol riconoscere, a seguire un itinerario dove le necessità di distinzione si confrontano con un bisogno di concretezza.
Il tentativo di trovare un equilibrio si situa allora al livello della dimensione personale, spingendo la maggioranza silenziosa dei cittadini a disertare le tornate elettorali in attesa di trovare un altrove a cui attaccarsi. Un altrove che, se non cambiano le cose, prima o poi troveranno.

Se la politica vuole essere per loro un intermediario importante da qua in avanti i suoi protagonisti devono accettare di mettersi in gioco più concretamente di quanto mostri una interpretazione calcolata.

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