Progettare un progetto: importanza dell’innovazione

Quando si tratta di progettare il futuro di una operazione, sia partendo da una realtà esistente oppure partendo “ex novo” da una nuova situazione, una nuova area, il ruolo dell’innovazione è assai importante e va tenuto in conto.
Intendiamoci sul termine “innovazione”. Esso è simile a “invenzione” e si fa spesso confusione tra le due parole, ma no: sono due cose ben distinte.
Innovare, infatti, è “portare con successo sul mercato un’idea nuova e geniale”. Non è solo “sviluppare un’idea nuova e geniale” (un’invenzione), ma è anche “portarla con successo sul mercato”.

Inventare nLuigi Tasso Slide1on basta: per innovare occorre anche che l’invenzione generi profitto.

Per intenderci: Meucci ha inventato il telefono, ma è Bell che si è intestato l’innovazione.
Bengt Järrehult ha dato questa definizione in un articolo di qualche tempo fa. Järrehult notava come in generale il mercato si sia evoluto. Se anni fa si cercava di fornire un prodotto o un servizio che “andasse bene per tutti” (fig. 1), ci si è poi spostati sempre più verso una polarizzazione.

 Il prodotto “medio” diventa “mediocre”, e si preferiscono soluzioni più laterali nel campo di quelle esistenti (fig.2): o quelle a buon mercato, che soddisfano giusto lo stretto necessario, o quelle opposte, più costose ma di più alto valore.
Un esempio è nel campo degli elettrodomestici: Mondo Convenienza p
Luigi Tasso Slide2unta esplicitamente al punto basso della curva, mentre Miele, per esempio, offre soluzioni di alto prezzo, non per tutti, ma di altissime prestazioni.
E il prodotto “medio”? Quello che dovrebbe andar bene per tutti? Quelli che sono un po’ fatti “come li fanno gli altri”? Beh, non hanno più avuto successo e naturalmente scompaiono: non c’è più un posto per loro nella massa di soluzioni tutte che si assomigliano. Il mercato non distingue… e non premia… dove sono finiti Ignis, Rex, Ariston?
Questa è l’area della “commodity war”, della guerra dei numeri (fig. 3), dove il fornitore è costretto ad abbassare i prezzi per vendere.

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Ma non basta, perché in questo mondo globalizzato, nel campo delle soluzioni medie/mediocri, ci sarà sempre qualcuno da qualche parte che riuscirà ad essere più a buon mercato con le stesse o simili prestazioni. Chi resta in quest’area è destinato ad essere strangolato dai due lati della curva: da un lato chi ha prezzi e prestazioni minori, ma ancora sufficienti, e dall’altro lato da chi propone il top.

A questo punto possiamo trarre un primo suggerimento per il progetto delle nostre operazioni. Dobbiamo decidere su quale lato della curva delle soluzioni esistenti ci vogliamo posizionare: buon mercato e prestazioni giusto sufficienti, o alto valore e alto prezzo?
Soprattutto, occorre evitare la posizione mediana/mediocre della guerra dei numeri: occorre evitare di fare le cose che hanno già fatto altri, nello stesso modo in cui lo hanno già fatto.
Certo, ogni situazione sul mercato gode di un suo progresso evolutivo, probabilmente in crescita fino alla maturità. Progresso evolutivo, miglioramento naturale che tocca tutta la linea dei prodotti esistenti. Per esempio, in questi ultimi anni, tutti hanno incrementato la loro visibilità e presenza sul mercato attraverso Internet. Non è qui che va ricercata la via per un nuovo progetto. Non basta il progresso.
Ci vuole innovazione.

Nello scenario descritto, per non limitarsi al generico progresso naturale, per sfuggire al rischio della guerra dei numeri, entra in gioco l’innovazione.
Mi ripeto: un’invenzione non è per forza un’innovazione. L’innovazione è infatti “il portare con successo sul mercato un’idea nuova e geniale”. Solo il mercato stabilisce se un’iniziativa è un’innovazione o no.
L’innovazione (fig. 4) sposta il mercato dalla linea delle soluzioni esistenti, e crea delle nuove posizioni ben differenziate.

Luigi Tasso Slide4Un tipo di innovazione può essere il modo per fornire la stessa prestazione a prezzi decisamente inferiori (A in figura), oppure può essere l’introduzione di soluzioni completamente nuove a cui il mercato riconosca un importante valore aggiunto (B), oppure, perché no, entrambe le cose (C).
Si può innovare perché si usano nuove tecnologie (per esempio l’automazione di un processo di produzione), e si parla di ritorni economici di un po’ di punti percentuali, o perché si riesce a piazzare meglio i nostri prodotti sul mercato (“Scavolini, la più amata dagli Italiani”), e qui i ritorni son di decine di punti percentuali, ma è soprattutto nel creare nuove soluzioni e nuovi mercati (“disruptive innovations”: l’introduzione del PC, o del telefono cellulare, o dei vaccini mRNA, ecc.) che crea ritorni economici davvero importanti, anche di centinaia o migliaia di volte l’investimento iniziale.
L’innovazione è dunque elemento strategico per ogni progetto che riguardi il futuro di una realtà esistente o “ex novo”, perché è così che si può avere successo, ricavare utili interessanti e creare posti di lavoro.

Certo, nel mondo reale che si muove l'innovazione oggi non lo sarà più nel futuro: “innovazione continua” è quello che si fa in importanti incubatori di ricerca, dove si lavora su idee originali e non ancora sperimentate, come il nostro IIT o l’istituto Max Planck in Germania o altri ancora. Essi generano uno spin-off di società che sfruttano poi queste innovazioni: società che hanno la loro vita, con entusiasmi e delusioni, crescite, alleanze, sparizioni, e che creano un vivace tessuto di mercato, alla larga dalla guerra dei numeri.

Innovare non è né semplice né immediato.
L’innovazione fatta bene richiede entusiasmo e perseveranza, richiede un ambiente fecondo di collegamenti e scambi culturali tra aziende e università, richiede finanziamenti spesso molto importanti, in parte anche a perdere. É un po’ una scommessa: non tutte le idee sono buone o realizzabili. Anzi. Si parla di 1-2 successi ogni 10 tentativi… Se un progetto non è buono occorre uscirne, ed è veramente difficile capire in quale momento farlo… Ma se il progetto è buono, tipicamente ripaga alla grande di tutti gli insuccessi.

Nell’industria, si ritiene che gli investimenti in ricerca e sviluppo debbano idealmente dividersi 80-90% per il “progresso” e 10-20% per l’”innovazione”.
La soluzione delle istanze interne ed esterne che si incontrano via via ogni giorno è progresso, la ricerca dei limiti di processo e produzione, ed il loro superamento, porta all’innovazione (fig. 5).

Luigi Tasso Slide5Secondo B. Järrehult, “per chi pianifica il progresso occorre una mentalità da scacchista, per chi si cimenta con l’innovazione una mentalità da pokerista".

Chi è preposto all’innovazione deve:
1° : scegliere l’equipe giusta: persone che hanno cultura, visione e sanno lavorare in gruppo, condotte da dei Campioni e protette da un Custode ai massimi livelli.
2° : lasciare libere queste persone di focalizzarsi su cose esterne all’ambiente in cui operano, che non si facciano distrarre dalle noie, magari anche urgenti, del quotidiano.
3° : occorre un ambiente che li ripari da un’eventuale atmosfera ostile, permettendo loro di
• dimenticare quello che ha fatto prosperare realtà madri o realtà simili
• avere a disposizione tutto quello che è necessario, senza preoccuparsi della burocrazia e dei costi organizzativi
• imparare giorno per giorno: il passato non aiuta granché.
Questo gruppo deve fornire un’idea del ritorno economico di quello che sta facendo, ma all’ingrosso: non ha senso chiedere delle previsioni dettagliate.”

Riassumendo: per chi vuole progettare il futuro di un’operazione esistente o creata “ex novo” occorrere scegliere e definire o ridefinire con oculatezza il mercato in cui si vuole stare, e puntare decisamente sull’innovazione.
L’innovazione, anche in senso astratto, può essere business.
Ricordo un vecchio pensiero sempre valido:

Se sei in un business,
o sei il primo della classe,
o ti batti per diventarlo,
o non c’è senso che tu resti lì.
Dunque esci, o ridefinisci il tuo business.

 

Nota della Redazione : l'Autore è ingegnere elettronico; ha lavorato per 40 anni, in Italia ed Europa, soprattutto nel settore dell’automazione dei processi di fabbricazione della carta.
Non è iscritto all'Associazione.

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  • Ospite (Mario Brighenti)

    Da nessuna parte, nel corso della storia, si è ottenuto qualcosa senza prima correre il
    rischio di fallire. Poi, sono stati i meglio preparati ed i più coraggiosi a riuscire.
    Noi a Genova siamo impreparati su tutto ed abbiamo la giusta mancanza di coraggio.

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