Il sesso degli Angeli

Rosa, rosae, rosae, rosam, rosa, rosa. Rosae, rosarum, rosis, rosas, rosae, rosis.

Ecco la prima declinazione latina e le sue particolarità. Vi appartengono molti nomi femminili e pochi nomi maschili. Nessun nome neutro.

Dopo innumerevoli anni è ritornata all'ordine del giorno perché ripropone in controluce la vicenda delle "quote rosa".
Il diritto delle donne ad essere, in punto di diritto, rappresentate parimenti ai loro colleghi uomini nel Parlamento italiano. Uno dei tabou forse più coriacei della vita pubblica nostrana. Se è vero, come è vero, che la Camera dei Deputati discutendo della nuova Legge Elettorale ha respinto a maggioranza l'ipotesi dell'alternanza di genere nei listini bloccati e la parità nei posti in lista.
Chiaramente l'immagine dei Parlamentari maschi ne ha patito.
Non si sa se alla base del voto vi sia stato l'effettivo timore di molti uomini di perdere il posto. Quello che sembra è che da parte dei sostenitori delle "quote rosa" si siano utilizzati malamente i principi egualitaristi della democrazia, contribuendo così a trasformare un'evidenza, una necessità, in un'equazione inedita potenzialmente profittevole per tutti coloro che da qui in avanti volessero utilizzare il loro essere minoranza o diversità come concetto mobilizzatore.
Intendo dire che se un partito o un'organizzazione credono nella parità di genere non hanno bisogno di una Legge per realizzarla. Basta che agevolino la partecipazione e l'avanzamento di quei rappresentanti di genere (maschile o femminile a seconda dei casi) meno rappresentati. Ecco lì la parità bella e fatta. Poi, se in un determinato partito capiterà contro ogni volontà che ci siano più attivisti uomini che donne o viceversa vorrà dire che sarà la segreteria di quel movimento a decidere il da farsi. Secondo i propri valori.

Il fatto è che proprio gli effettivi valori democratici presenti in molti partiti sembrano in contrasto con le ipotesi di Legge dagli stessi avanzate.
Come spesso accade in questo strano paese che è l'Italia, la classe politica finisce per formalizzare per Legge evidenze e necessità che quotidianamente non riconosce come tali. Non si sa se per disattenzione, casualità o disinteresse.
In questa contraddizione evidente fra principi informatori e comportamenti pratici, l'avanzamento di una proposta decisa ad imporre una ripartizione equanime dei seggi in Parlamento fra uomini e donne appare più come una dimostrazione rivendicativa che come un principio fondante della democrazia.

Allora, se la questione del sesso degli Angeli diviene una Legge come si potrà un domani negare ad altri principi rivendicativi di avere una norma che ne riconosca una giusta ed equa rappresentanza?
Quale argomento potrà opporre chi vorrà negare un seggio garantito in Parlamento ai credenti di differenti religioni od agli appartenenti ad un particolare gruppo etnico candidati in quanto tali
Perché sposati, divorziati, uniti civilmente di sessi diversi od uguali sì e poligamici per esempio no?

Sia chiaro. Che le donne abbiano e debbano aver pari dignità con i maschi è talmente ovvio che in un Paese moderno non dovrebbe esserci bisogno di una Legge che lo stabilisca.
Nel caso ve ne fosse bisogno allora non è certo mettendo il dito in un ingranaggio delicato come quello della rappresentanza parlamentare che si otterrà la necessaria uguaglianza. Semmai con iniziative che riguardino i diritti reali che interessano una persona in ragione delle sue opinioni, del suo lavoro, della sua appartenenza. Altrimenti si cadrà nei tecnicismi di tipo grammaticale. Ed ad una prima declinazione con le sue particolarità: molti nomi femminili, pochi nomi maschili, nessun nome neutro, corrisponderà una seconda comprendente per lo più nomi maschili e neutri; una terza declinata sia al genere maschile, sia al femminile, sia al neutro; una quarta comprendente sostantivi maschili e femminili, declinati però allo stesso modo; una quinta con un tema specifico, tutti femminili tranne uno. E magari una sesta, che nel mondo latino non c'era ma in quello contemporaneo chissà.

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